Mérimée era un uomo alto, dritto, pallido, e che, a parte il sorriso, aveva l’aspetto d’un inglese. Quantomeno aveva quell’atteggiamento freddo e distaccato, che esclude sin dall’inizio qualsiasi confidenza. Bastava guardarlo per percepire la sua imperturbabilità naturale o acquisita, l’autocontrollo, la volontà e l’abitudine a mantenere le distanze… Anche quando raccontava un aneddoto burlesco la sua voce rimaneva sempre uguale, pacata. Mai un accenno d’impeto o di foga. Narrava i dettagli più scabrosi nei termini più crudi con il tono di qualcuno che ordina una tazza di tè. Le sue emozioni erano talmente controllate da sembrare assenti. Non che lo fossero, anzi, al contrario. Ma ci sono cavalli di razza così ben domati, che sotto la guida del loro cavaliere non si concedono alcuno sbandamento.
Dalla prefazione di Hippolyte Taine à Mérimée, Lettres à une inconnue, Michel Lévy Frères, 1874
Per la Di Felice Edizioni è stata pubblicata la nuova traduzione di Carmen, a cura di Paola Tiberii (collana “I contemporanei del futuro”, 2021).